Il termine “biorisonanza” è composto da due parti: da un lato abbiamo “bio”, che sottolinea il carattere naturale della procedura, e dall’altro “risonanza”, un fenomeno che si verifica quando due soggetti condividono la stessa capacità vibrazionale.
Il concetto di risonanza può essere illustrato chiaramente con l’esempio di un diapason. Immaginiamo di avere due diapason identici, collocati a una distanza non eccessiva l’uno dall’altro. Se si fa vibrare uno di essi toccandolo, anche il secondo diapason inizierà a vibrare, stimolato dalle onde del primo. In questo caso, entrambi i diapason oscillano alla stessa frequenza, emettendo lo stesso tono. Questo esempio rappresenta bene il significato di “risonanza”: una “vibrazione congiunta”.
Affinché la risonanza si verifichi, è necessario che i due diapason siano identici e si trovino l’uno di fronte all’altro.
Se si ripete l’esperimento con due diapason di diversa frequenza naturale, il primo non riuscirà a stimolare il secondo, poiché non esisterà alcuna capacità di risonanza tra di essi.
Nel contesto della biorisonanza, la possibilità che si verifichino effetti secondari è praticamente nulla. Quando le frequenze utilizzate non sono in risonanza con l’organismo, semplicemente non si producono effetti, né positivi né negativi. Questo significa che una frequenza “errata” non crea punti di risonanza nell’organismo, impedendo così sia reazioni indesiderate che regolazioni.
La biorisonanza trova applicazione in diversi ambiti terapeutici, agendo sulla base della stimolazione delle frequenze naturali del corpo per facilitare processi di autoguarigione. La precisione nell’individuare le frequenze corrette è cruciale per il successo del trattamento, garantendo che le vibrazioni emesse entrino in risonanza con i processi biologici dell’organismo, favorendo così il ripristino dell’equilibrio naturale.
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